Conseguenze di un'Agenda Troppo Piena per Bambini e Adolescenti

Conseguenze di un'Agenda Troppo Piena per Bambini e Adolescenti


Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un aumento significativo delle attività strutturate nella vita dei bambini e degli adolescenti. Tra scuole, sport, lezioni di musica e altre attività extrascolastiche, il tempo libero sembra essere diventato un lusso. Questa situazione ha conseguenze negative che possono influire profondamente sul benessere e sullo sviluppo delle nuove generazioni. Esaminiamo insieme le principali problematiche legate a una vita adultocentrica con impegni costanti.

Mancanza di Tempo per il Rilassamento e il Divertimento


Quando i bambini sono costantemente impegnati in attività guidate dagli adulti, hanno poco tempo per rilassarsi e divertirsi semplicemente giocando. Questo può portare a un aumento dello stress e della pressione, impedendo loro di sviluppare una sana relazione con il tempo libero e l'autonomia. Il gioco libero è cruciale per il benessere emotivo e psicologico dei bambini, poiché permette loro di decomprimere, riflettere e ricaricare le energie.


Limitazione della Creatività e dell'Immaginazione


Il gioco libero offre ai ragazzi la possibilità di esplorare, sperimentare e sviluppare la propria creatività e immaginazione. Quando sono costantemente guidati da attività programmate e compiti, vengono privati della libertà di inventare, scoprire e creare. Ciò può influire negativamente sullo sviluppo delle competenze creative e dell'autonomia decisionale. La capacità di pensare in modo creativo è essenziale non solo per le arti, ma anche per risolvere problemi e affrontare situazioni complesse nella vita quotidiana.


Difficoltà nell'Apprendimento delle Abilità Sociali


Il gioco libero permette ai bambini di interagire e socializzare in modo naturale, imparando a condividere, negoziare, risolvere conflitti e lavorare in gruppo. Quando sono costantemente inseriti in attività strutturate, potrebbero non avere abbastanza opportunità per sviluppare queste importanti abilità sociali, fondamentali per le relazioni interpersonali e il successo nel mondo reale. Le attività strutturate tendono a focalizzarsi su obiettivi specifici, spesso trascurando l'importanza del gioco non organizzato che favorisce la crescita delle competenze sociali e relazionali.


Soluzioni per un Equilibrio Salutare


Prioritizzare il Gioco Libero nel Programma Settimanale


È essenziale dedicare del tempo appositamente per il gioco libero nella routine quotidiana dei bambini e degli adolescenti. Assicuratevi che abbiano spazi e materiali adatti al gioco creativo e che possano sperimentare liberamente senza l'intervento degli adulti. Il gioco libero dovrebbe essere considerato una parte essenziale dello sviluppo e dell'apprendimento dei bambini, non un'attività secondaria.


Ridurre il Sovraccarico di Attività Strutturate


Valutate con attenzione il numero di attività strutturate a cui i vostri figli partecipano. Riducete il sovraccarico, dando loro il tempo e lo spazio per giocare in modo libero e non strutturato. Imparate a dire "no" a quelle attività che non sono essenziali e che potrebbero compromettere il tempo dedicato al gioco e al relax. Meno attività programmate possono significare più tempo per la famiglia e per lo sviluppo di interessi personali.


Creare un Ambiente Favorevole al Gioco Libero


Offrite ai vostri figli uno spazio sicuro e stimolante per il gioco libero, sia a casa che all'aperto. Servono pochi, ma buoni, materiali e risorse che incoraggino la creatività, l'esplorazione e l'immaginazione. Sostenete e incoraggiate i loro interessi e permettete loro di prendere decisioni autonome riguardo al gioco. Un ambiente favorevole può includere oggetti semplici come mattoncini, colori, strumenti musicali, e per i grandi spazi aperti per muoversi liberamente.


Conclusione


Bilanciare attività strutturate e gioco libero è fondamentale per il benessere e lo sviluppo dei bambini e degli adolescenti. Ridurre il carico di impegni e favorire il gioco spontaneo può portare a una crescita più sana, creativa e socialmente competente. Riflettiamo su come possiamo aiutare i nostri figli a vivere una vita meno stressante e più equilibrata, promuovendo il loro benessere generale.

Autore: Erika Di Martino 10 dicembre 2025
Siamo tornati da poco da tre giornate che rimarranno nel cuore di tutti: un piccolo viaggio educativo vissuto nella cornice naturale di Nepi, un luogo immerso nel verde della provincia di Viterbo che, ogni volta, ci accoglie con un silenzio pieno e vibrante. Qui, dove lo sguardo può correre lontano e il ritmo del respiro si distende, bambini e ragazzi ritrovano uno spazio in cui possono finalmente sentirsi leggeri, curiosi, presenti. In questo ambiente così autentico — con partecipanti dai sette ai diciassette anni — si è creata un’atmosfera speciale, resa possibile dall’accoglienza del luogo e dalla presenza del team EDUpar e della Fondazione Libera Schola. Non si è trattato semplicemente di una gita, ma di un percorso educativo che ha toccato mente, emozioni, corpo e relazioni. La natura come educatrice invisibile Uno degli elementi più potenti di queste giornate è stata la natura stessa. Senza bisogno di parole o spiegazioni, ha raggiunto i ragazzi in modo diretto e genuino. Gli animali — i pony tranquilli, gli alpaca curiosi, gli asini pacati, l’imponente struzzo — sono stati compagni silenziosi di apprendimento. Ogni incontro ha suscitato stupore, rispetto, tenerezza, voglia di capire. La natura non giudica: accoglie. Invita ad avvicinarsi con lentezza, ad ascoltare, a osservare davvero. Molti partecipanti hanno raccontato di essersi sentiti più presenti, più sereni. In un mondo sovraccaricato di stimoli digitali, il contesto di Nepi ha restituito loro uno spazio interiore raro e prezioso. Un percorso costruito intorno alla persona L’esperienza proposta non è stata una semplice sequenza di attività, ma un cammino integrato pensato per il benessere globale dei partecipanti. La pedagogia EDUpar e della Fondazione Libera Schola mette al centro il rispetto dei tempi individuali, l’osservazione attenta e la valorizzazione della persona nella sua unicità. A Nepi, questo approccio ha permesso ad ogni ragazzo di entrare nell’esperienza con il proprio passo: nessuna pressione, nessuna performance richiesta. Solo autenticità e presenza. Comunicare con tutto il corpo: public speaking e consapevolezza Una parte fondamentale del programma è stata dedicata alla comunicazione, non solo come uso della voce, ma come modo di stare nel mondo. Attraverso laboratori di public speaking, i ragazzi hanno esplorato postura, contatto visivo, ritmo del discorso, uso dello spazio. È stato sorprendente vedere quanto velocemente molti di loro abbiano trovato sicurezza: chi era timido ha iniziato a emergere, chi parlava troppo rapidamente ha scoperto la potenza delle pause, chi temeva il giudizio ha compreso il valore del gruppo come luogo sicuro. Il corpo è diventato strumento espressivo, un alleato capace di sostenere e rivelare. Guardarsi dentro: valori, emozioni, forze interiori Accanto al lavoro fisico ed espressivo, i partecipanti hanno affrontato momenti di riflessione dedicati alla scoperta di sé. Attraverso attività mirate, hanno esplorato valori personali, punti di forza, paure, desideri e sfide quotidiane. Le conversazioni nate in questi spazi sono state profonde: i più piccoli, con la loro spontaneità, hanno sorpreso per lucidità, gli adolescenti hanno portato complessità e sincerità. Conoscersi è un viaggio impegnativo, ma fondamentale: questi tre giorni hanno offerto un primo passo in quella direzione.
21 novembre 2025
Tre bambini sono stati allontanati dalla loro famiglia e inseriti in una struttura protetta. Palmoli, Abruzzo. Novembre 2025. A motivare la decisione del Tribunale dei Minori dell’Aquila: la scelta di una vita nel bosco, senza servizi a norma, e l’adozione dell’homeschooling in forma dichiarata ma non convenzionale. Una vicenda che ci tocca profondamente come Fondazione Libera Schola, perché solleva interrogativi cruciali sulla libertà educativa, sulla funzione della scuola nella società contemporanea e sul ruolo dello Stato quando le famiglie scelgono percorsi alternativi. Non si tratta di una situazione di abuso, né di incuria nel senso abituale del termine. Si tratta, piuttosto, di una scelta esistenziale e pedagogica alternativa, che ha disturbato il senso comune istituzionalizzato e ha incontrato la reazione più dura possibile: la separazione forzata dei bambini dai genitori. Non è una questione tecnica. È una questione culturale. Questa non è la storia di una famiglia “inadempiente”. È la storia di una famiglia che ha scelto uno stile di vita essenziale, orientato all’autosufficienza, e una forma di educazione parentale basata su ritmi naturali, apprendimento esperienziale e relazioni significative. La scelta dell’unschooling, sebbene non ancora normata nel dettaglio dal nostro ordinamento, non è illegale. È semplicemente fuori dagli schemi. Il Tribunale ha parlato di “pericolo oggettivo” per l’integrità psicofisica dei minori, con particolare riferimento alla vita di relazione e all’assenza di trattamenti sanitari obbligatori. Tuttavia, la vicenda nasce da un episodio accaduto più di un anno fa: un’intossicazione da funghi, risolta in ospedale. Nessun segnale di maltrattamenti, nessuna denuncia per abuso, nessuna situazione di emergenza evidente. Eppure, a distanza di mesi, arriva una decisione che cambia per sempre la vita di questi bambini. Se davvero ci fosse stato un rischio così grave, perché la giustizia ha atteso oltre dodici mesi? Se c’era un pericolo reale, l’intervento sarebbe dovuto essere immediato. Invece, è arrivato sotto la pioggia di novembre con cinque pattuglie dei carabinieri e l’esecuzione di un decreto che pare più una punizione ideologica che una misura di tutela. Socializzazione: davvero serve la scuola per imparare a stare con gli altri? Nel decreto si legge che “la deprivazione del confronto tra pari” potrebbe avere effetti negativi sullo sviluppo. È un argomento che da anni viene utilizzato per screditare l’educazione parentale, senza però tenere conto della complessità del concetto di socializzazione. Perché mai si dovrebbe presupporre che la relazione umana autentica avvenga solo dentro le mura scolastiche? La socializzazione non nasce tra file di banchi, ma nella libertà di esplorare, nella possibilità di scegliere le proprie relazioni, nei legami significativi e intergenerazionali che molti bambini oggi non vivono più nemmeno tra i banchi. La socializzazione scolastica imposta, spesso sterile e carica di dinamiche di controllo e competizione, non è sinonimo di crescita relazionale sana. Migliaia di studenti italiani vivono ogni giorno in contesti scolastici poveri di ascolto, presenza e autenticità. Non si parla mai di questo quando si invoca la “vita di relazione”. La relazione non si impone. Si costruisce. E l’isolamento può avvenire anche in classe, quando le emozioni vengono negate, quando l’adulto di riferimento è distante, quando la pressione performativa sostituisce la cura. I numeri che il sistema dimentica È necessario ricordare alcuni dati fondamentali, troppo spesso ignorati nel dibattito pubblico. In Italia, un minore su quattro sotto i 16 anni vive in condizioni di povertà o esclusione sociale. Il tasso di abbandono scolastico precoce si attesta al 10,5%, con punte che superano il 30% tra i minori rom e stranieri. Nei contesti più fragili, i bambini non vanno a scuola, non ricevono supporto educativo né sanitario, vivono spesso in ambienti degradati, ma lo Stato interviene solo a tratti, in modo discontinuo e poco risolutivo. Inoltre, i disturbi psicologici tra i minori scolarizzati sono in forte aumento: ansia, depressione, autolesionismo, disturbi alimentari sono ormai fenomeni diffusi anche nella fascia tra i 10 e i 14 anni. Eppure, il sistema scolastico non viene messo in discussione. Nessuno ordina allontanamenti forzati in massa dalle scuole. Nessuno parla di “vita di relazione compromessa” per i bambini che trascorrono le giornate isolati dietro uno schermo o in aule affollate senza ascolto né cura. Un precedente pericoloso Il caso Palmoli non è isolato. Solo pochi mesi fa, a Roma, un’intera comunità condominiale si è mobilitata per evitare la sottrazione coatta di una bambina. In altre situazioni, invece, la giustizia non ha saputo intervenire per tempo, lasciando bambini in ambienti gravemente pericolosi. Questo ci dice che non esiste una reale coerenza nell’intervento dello Stato. Esiste, piuttosto, una crescente insofferenza verso chi esce dai binari prestabiliti. Il punto non è essere d’accordo con tutto ciò che fanno queste famiglie. Il punto è che il dissenso educativo non può e non deve essere criminalizzato. Chi sceglie di vivere in modo sobrio, di educare fuori dalla scuola, di usare l’acqua del pozzo e di riscaldare con la legna, non è automaticamente un genitore pericoloso. Cosa possiamo fare Come Fondazione Libera Schola: •⁠ ⁠Monitoriamo il caso di Palmoli con attenzione, insieme a realtà amiche e legali esperti. •⁠ ⁠Difendiamo il diritto alla scelta educativa responsabile e consapevole. •⁠ ⁠Sosteniamo famiglie che educano fuori dalla scuola con serietà e coerenza. •⁠ ⁠Promuoviamo una cultura del rispetto verso la diversità pedagogica. •⁠ ⁠Invitiamo tutti a firmare la petizione in difesa della famiglia ( link ) e a condividere questa storia. La libertà educativa non è un privilegio. È un diritto umano fondamentale. Se oggi si può togliere un figlio a una famiglia solo perché vive nel bosco e non ha l’acqua corrente, domani si potrà fare lo stesso con chi vive in una comune, in un camper, in una yurta, in cohousing rurale o semplicemente... ha scelto di non mandare il proprio figlio a scuola. Tutelare i bambini significa anche tutelare il diritto dei genitori a educarli in modo diverso, quando questo avviene con amore, presenza e responsabilità. Perché non esiste educazione senza libertà. E non esiste libertà senza il coraggio di difenderla.