Homeschooling e diritti umani: lo studio UNESCO 2025

Nel settembre 2025 l’UNESCO ha pubblicato Homeschooling through a Human Rights Lens, un documento che analizza l’istruzione parentale all’interno del quadro dei diritti umani. (trovi il pdf sfogliabile in fondo all'articolo)


Si tratta di un passaggio rilevante perché, per la prima volta, un organismo internazionale riconosce apertamente l’homeschooling come una forma legittima di educazione, pur evidenziando al tempo stesso alcune sfide e criticità.

Lo studio nasce dall’Initiative on the Evolving Right to Education, avviata nel 2023 per ripensare il diritto all’educazione alla luce delle trasformazioni del XXI secolo. Tra i temi trattati vi sono l’apprendimento digitale, l’educazione permanente, i diritti dei gruppi vulnerabili e l’accesso all’istruzione superiore.


Un riconoscimento esplicito dell’homeschooling


Uno degli elementi più significativi del documento è la chiara distinzione tra homeschooling e altre forme educative. L’UNESCO afferma infatti:

“Homeschooling stands apart from traditional and non-traditional schooling because it is primarily parent-directed, home-based, flexible in duration, and involves direct parental responsibility.”
L’homeschooling si distingue dalla scuola tradizionale e non tradizionale perché è principalmente diretto dai genitori, svolto a casa, flessibile nella durata e implica una responsabilità diretta dei genitori.

Questo passaggio conferisce all’istruzione familiare una piena dignità educativa, riconoscendola come un modello autonomo e distinto, incentrato sul ruolo diretto delle famiglie.


La questione della qualità educativa

Un altro aspetto centrale riguarda la definizione e la valutazione della “qualità” nell’homeschooling. L’UNESCO sottolinea che questo è un campo complesso, dove i dati sono ancora scarsi e spesso metodologicamente deboli.


“Assessing quality in homeschooling is challenging due to limited data, methodological flaws in existing studies, and the diversity of homeschooling contexts.”
Valutare la qualità dell’homeschooling è difficile a causa della scarsità di dati, dei limiti metodologici degli studi esistenti e della diversità dei contesti.

Il documento evidenzia quindi la necessità di ulteriori ricerche e di un maggiore impegno da parte delle associazioni e delle comunità educative. Le famiglie possono avere un ruolo determinante nel fornire dati, esperienze e testimonianze capaci di arricchire il dibattito internazionale.


Il tema della socializzazione

Lo studio richiama l’articolo 29 della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia, ribadendo che l’educazione non si limita all’acquisizione di conoscenze, ma deve favorire lo sviluppo sociale, il pensiero critico e la partecipazione attiva alla vita comunitaria.


“Education should promote socialization, critical thinking, and participation in social life.”
L’educazione dovrebbe promuovere la socializzazione, il pensiero critico e la partecipazione alla vita sociale.

Pur riconoscendo che molti bambini educati in famiglia sviluppano buone capacità relazionali, il documento esprime preoccupazione per la possibile mancanza di esposizione a prospettive diverse. Questo punto richiama l’attenzione sull’importanza di creare occasioni di incontro, attività culturali, momenti comunitari e spazi di confronto che possano arricchire l’esperienza dei ragazzi in istruzione parentale.


I punti di forza individuati

Tra gli aspetti positivi messi in luce dal documento, spiccano alcuni elementi rilevanti per la difesa dell’homeschooling:

  • La legittimità riconosciuta, che distingue l’istruzione familiare come percorso educativo distinto e valido.
  • La flessibilità e l’adattabilità, considerate fondamentali per rispondere ai bisogni individuali e culturali dei bambini.
  • Il pluralismo educativo, reso evidente dalla difficoltà di definire e misurare in modo uniforme la qualità.
  • La necessità di incrementare la ricerca, che offre spazio alle famiglie per contribuire con dati e testimonianze dirette.


Le criticità da affrontare

Accanto ai riconoscimenti positivi, il documento mantiene una prospettiva fortemente legata allo Stato. Alcuni punti sollevano infatti preoccupazioni tra le famiglie e le associazioni:


  • L’approccio “statocentrico”, con grande enfasi su regolamentazione, registrazione e controlli.
  • Le perplessità relative alla socializzazione, che rischiano di perpetuare stereotipi non sempre fondati.
  • L’identificazione della qualità con gli standard scolastici, che può escludere approcci alternativi e innovativi.
  • L’attenzione alle procedure di controllo, a fronte di una scarsa riflessione su come sostenere concretamente le famiglie.


Il rapporto UNESCO Homeschooling through a Human Rights Lens rappresenta un passaggio storico: per la prima volta, l’istruzione parentale entra ufficialmente nel linguaggio dei diritti umani a livello globale.

Questo apre nuove opportunità per il dialogo con le istituzioni, ma richiede anche vigilanza. Da un lato, le famiglie possono fare leva sul riconoscimento della legittimità dell’homeschooling e sulla valorizzazione della sua flessibilità. Dall’altro, occorre rispondere con dati ed esperienze concrete ai dubbi sollevati, soprattutto riguardo alla socializzazione e alla qualità educativa.


In definitiva, il documento UNESCO segna un passo avanti importante, ma conferma anche la necessità di un impegno costante da parte delle famiglie, delle associazioni e delle comunità homeschooler per garantire che il diritto all’educazione sia pienamente riconosciuto anche nella sua forma familiare.

Autore: Erika Di Martino 10 dicembre 2025
Siamo tornati da poco da tre giornate che rimarranno nel cuore di tutti: un piccolo viaggio educativo vissuto nella cornice naturale di Nepi, un luogo immerso nel verde della provincia di Viterbo che, ogni volta, ci accoglie con un silenzio pieno e vibrante. Qui, dove lo sguardo può correre lontano e il ritmo del respiro si distende, bambini e ragazzi ritrovano uno spazio in cui possono finalmente sentirsi leggeri, curiosi, presenti. In questo ambiente così autentico — con partecipanti dai sette ai diciassette anni — si è creata un’atmosfera speciale, resa possibile dall’accoglienza del luogo e dalla presenza del team EDUpar e della Fondazione Libera Schola. Non si è trattato semplicemente di una gita, ma di un percorso educativo che ha toccato mente, emozioni, corpo e relazioni. La natura come educatrice invisibile Uno degli elementi più potenti di queste giornate è stata la natura stessa. Senza bisogno di parole o spiegazioni, ha raggiunto i ragazzi in modo diretto e genuino. Gli animali — i pony tranquilli, gli alpaca curiosi, gli asini pacati, l’imponente struzzo — sono stati compagni silenziosi di apprendimento. Ogni incontro ha suscitato stupore, rispetto, tenerezza, voglia di capire. La natura non giudica: accoglie. Invita ad avvicinarsi con lentezza, ad ascoltare, a osservare davvero. Molti partecipanti hanno raccontato di essersi sentiti più presenti, più sereni. In un mondo sovraccaricato di stimoli digitali, il contesto di Nepi ha restituito loro uno spazio interiore raro e prezioso. Un percorso costruito intorno alla persona L’esperienza proposta non è stata una semplice sequenza di attività, ma un cammino integrato pensato per il benessere globale dei partecipanti. La pedagogia EDUpar e della Fondazione Libera Schola mette al centro il rispetto dei tempi individuali, l’osservazione attenta e la valorizzazione della persona nella sua unicità. A Nepi, questo approccio ha permesso ad ogni ragazzo di entrare nell’esperienza con il proprio passo: nessuna pressione, nessuna performance richiesta. Solo autenticità e presenza. Comunicare con tutto il corpo: public speaking e consapevolezza Una parte fondamentale del programma è stata dedicata alla comunicazione, non solo come uso della voce, ma come modo di stare nel mondo. Attraverso laboratori di public speaking, i ragazzi hanno esplorato postura, contatto visivo, ritmo del discorso, uso dello spazio. È stato sorprendente vedere quanto velocemente molti di loro abbiano trovato sicurezza: chi era timido ha iniziato a emergere, chi parlava troppo rapidamente ha scoperto la potenza delle pause, chi temeva il giudizio ha compreso il valore del gruppo come luogo sicuro. Il corpo è diventato strumento espressivo, un alleato capace di sostenere e rivelare. Guardarsi dentro: valori, emozioni, forze interiori Accanto al lavoro fisico ed espressivo, i partecipanti hanno affrontato momenti di riflessione dedicati alla scoperta di sé. Attraverso attività mirate, hanno esplorato valori personali, punti di forza, paure, desideri e sfide quotidiane. Le conversazioni nate in questi spazi sono state profonde: i più piccoli, con la loro spontaneità, hanno sorpreso per lucidità, gli adolescenti hanno portato complessità e sincerità. Conoscersi è un viaggio impegnativo, ma fondamentale: questi tre giorni hanno offerto un primo passo in quella direzione.
21 novembre 2025
Tre bambini sono stati allontanati dalla loro famiglia e inseriti in una struttura protetta. Palmoli, Abruzzo. Novembre 2025. A motivare la decisione del Tribunale dei Minori dell’Aquila: la scelta di una vita nel bosco, senza servizi a norma, e l’adozione dell’homeschooling in forma dichiarata ma non convenzionale. Una vicenda che ci tocca profondamente come Fondazione Libera Schola, perché solleva interrogativi cruciali sulla libertà educativa, sulla funzione della scuola nella società contemporanea e sul ruolo dello Stato quando le famiglie scelgono percorsi alternativi. Non si tratta di una situazione di abuso, né di incuria nel senso abituale del termine. Si tratta, piuttosto, di una scelta esistenziale e pedagogica alternativa, che ha disturbato il senso comune istituzionalizzato e ha incontrato la reazione più dura possibile: la separazione forzata dei bambini dai genitori. Non è una questione tecnica. È una questione culturale. Questa non è la storia di una famiglia “inadempiente”. È la storia di una famiglia che ha scelto uno stile di vita essenziale, orientato all’autosufficienza, e una forma di educazione parentale basata su ritmi naturali, apprendimento esperienziale e relazioni significative. La scelta dell’unschooling, sebbene non ancora normata nel dettaglio dal nostro ordinamento, non è illegale. È semplicemente fuori dagli schemi. Il Tribunale ha parlato di “pericolo oggettivo” per l’integrità psicofisica dei minori, con particolare riferimento alla vita di relazione e all’assenza di trattamenti sanitari obbligatori. Tuttavia, la vicenda nasce da un episodio accaduto più di un anno fa: un’intossicazione da funghi, risolta in ospedale. Nessun segnale di maltrattamenti, nessuna denuncia per abuso, nessuna situazione di emergenza evidente. Eppure, a distanza di mesi, arriva una decisione che cambia per sempre la vita di questi bambini. Se davvero ci fosse stato un rischio così grave, perché la giustizia ha atteso oltre dodici mesi? Se c’era un pericolo reale, l’intervento sarebbe dovuto essere immediato. Invece, è arrivato sotto la pioggia di novembre con cinque pattuglie dei carabinieri e l’esecuzione di un decreto che pare più una punizione ideologica che una misura di tutela. Socializzazione: davvero serve la scuola per imparare a stare con gli altri? Nel decreto si legge che “la deprivazione del confronto tra pari” potrebbe avere effetti negativi sullo sviluppo. È un argomento che da anni viene utilizzato per screditare l’educazione parentale, senza però tenere conto della complessità del concetto di socializzazione. Perché mai si dovrebbe presupporre che la relazione umana autentica avvenga solo dentro le mura scolastiche? La socializzazione non nasce tra file di banchi, ma nella libertà di esplorare, nella possibilità di scegliere le proprie relazioni, nei legami significativi e intergenerazionali che molti bambini oggi non vivono più nemmeno tra i banchi. La socializzazione scolastica imposta, spesso sterile e carica di dinamiche di controllo e competizione, non è sinonimo di crescita relazionale sana. Migliaia di studenti italiani vivono ogni giorno in contesti scolastici poveri di ascolto, presenza e autenticità. Non si parla mai di questo quando si invoca la “vita di relazione”. La relazione non si impone. Si costruisce. E l’isolamento può avvenire anche in classe, quando le emozioni vengono negate, quando l’adulto di riferimento è distante, quando la pressione performativa sostituisce la cura. I numeri che il sistema dimentica È necessario ricordare alcuni dati fondamentali, troppo spesso ignorati nel dibattito pubblico. In Italia, un minore su quattro sotto i 16 anni vive in condizioni di povertà o esclusione sociale. Il tasso di abbandono scolastico precoce si attesta al 10,5%, con punte che superano il 30% tra i minori rom e stranieri. Nei contesti più fragili, i bambini non vanno a scuola, non ricevono supporto educativo né sanitario, vivono spesso in ambienti degradati, ma lo Stato interviene solo a tratti, in modo discontinuo e poco risolutivo. Inoltre, i disturbi psicologici tra i minori scolarizzati sono in forte aumento: ansia, depressione, autolesionismo, disturbi alimentari sono ormai fenomeni diffusi anche nella fascia tra i 10 e i 14 anni. Eppure, il sistema scolastico non viene messo in discussione. Nessuno ordina allontanamenti forzati in massa dalle scuole. Nessuno parla di “vita di relazione compromessa” per i bambini che trascorrono le giornate isolati dietro uno schermo o in aule affollate senza ascolto né cura. Un precedente pericoloso Il caso Palmoli non è isolato. Solo pochi mesi fa, a Roma, un’intera comunità condominiale si è mobilitata per evitare la sottrazione coatta di una bambina. In altre situazioni, invece, la giustizia non ha saputo intervenire per tempo, lasciando bambini in ambienti gravemente pericolosi. Questo ci dice che non esiste una reale coerenza nell’intervento dello Stato. Esiste, piuttosto, una crescente insofferenza verso chi esce dai binari prestabiliti. Il punto non è essere d’accordo con tutto ciò che fanno queste famiglie. Il punto è che il dissenso educativo non può e non deve essere criminalizzato. Chi sceglie di vivere in modo sobrio, di educare fuori dalla scuola, di usare l’acqua del pozzo e di riscaldare con la legna, non è automaticamente un genitore pericoloso. Cosa possiamo fare Come Fondazione Libera Schola: •⁠ ⁠Monitoriamo il caso di Palmoli con attenzione, insieme a realtà amiche e legali esperti. •⁠ ⁠Difendiamo il diritto alla scelta educativa responsabile e consapevole. •⁠ ⁠Sosteniamo famiglie che educano fuori dalla scuola con serietà e coerenza. •⁠ ⁠Promuoviamo una cultura del rispetto verso la diversità pedagogica. •⁠ ⁠Invitiamo tutti a firmare la petizione in difesa della famiglia ( link ) e a condividere questa storia. La libertà educativa non è un privilegio. È un diritto umano fondamentale. Se oggi si può togliere un figlio a una famiglia solo perché vive nel bosco e non ha l’acqua corrente, domani si potrà fare lo stesso con chi vive in una comune, in un camper, in una yurta, in cohousing rurale o semplicemente... ha scelto di non mandare il proprio figlio a scuola. Tutelare i bambini significa anche tutelare il diritto dei genitori a educarli in modo diverso, quando questo avviene con amore, presenza e responsabilità. Perché non esiste educazione senza libertà. E non esiste libertà senza il coraggio di difenderla.