Libertà, paura e il confine invisibile tra tutela e controllo

Una vicenda silenziosa, ambientata nei boschi dell’Abruzzo, è diventata in poche settimane oggetto di attenzione nazionale. Una coppia straniera vive con i propri tre figli vicino a Palmoli, in una abitazione isolata, priva dei servizi tradizionali, e si trova ora sotto indagine da parte della Procura dei Minori. Per molti è un caso di trascuratezza; per altri, al contrario, una scelta radicale e coerente. Per chi opera nel campo dell’istruzione parentale, rappresenta qualcosa di più profondo: un segnale che lo Stato è sempre più incline a varcare la soglia delle case per stabilire cosa sia “giusto” per i nostri figli.


Ogni qualvolta una famiglia opta per un percorso fuori dagli schemi — meno consumista, più autosufficiente, più libero — la reazione sociale è spesso di sospetto. I titoli parlano di “bambini senza scuola”, “case senza elettricità”, “famiglie isolate”. Dietro queste parole si cela non tanto la realtà quanto la paura del diverso. Una famiglia che decide di vivere in modo indipendente, di educare in libertà o di ridurre la propria impronta sulla terra, non è più vista come esempio di coraggio, bensì come minaccia all’ordine costituito. E così, al posto del dialogo, si impone il controllo; al posto della comprensione, la diffidenza.


L’istruzione parentale, riconosciuta dalla legge italiana, non equivale a abbandono, ma a responsabilità consapevole. Significa essere presenti ogni giorno nella crescita dei figli, costruire una “scuola diffusa” — in casa, nei parchi, nei viaggi, nelle relazioni. La maggior parte delle famiglie homeschooler non vive ai margini della società, ma ne è parte attiva, con reti educative solide e collaborative. Eppure, basta un caso estremo per gettare un’ombra su migliaia di genitori impegnati con dedizione e trasparenza. In questo cortocircuito si confondono autonomia educativa e rifiuto delle regole, e la libertà stessa viene accusata.



La Costituzione italiana attribuisce ai genitori la responsabilità primaria dell’educazione dei figli. Lo Stato ha un ruolo di garanzia,

non di sostituzione. Tuttavia, negli ultimi anni abbiamo assistito a un’inversione di ruoli: famiglie costrette a giustificare scelte del tutto legittime, bambini allontanati “per prudenza”, tribunali che valutano stili di vita anziché reati. Quando in casi di separazione o divorzio uno dei genitori propone l’istruzione parentale e l’altro la scuola tradizionale, le sentenze quasi sempre pendono dalla parte dell’istituzione scolastica: non conta quanto bene possa dimostrare un genitore homeschooler il benessere dei figli, conta piuttosto la “sicurezza” dello status‑quo. È un segnale culturale, non solo giuridico: lo Stato si fida di più di se stesso che delle famiglie. Il messaggio che ne emerge è chiaro: puoi educare in libertà, ma solo fintanto che non metti in discussione l’ordine stabilito. Tuttavia, perché la libertà sia tale, deve poter esistere anche al di fuori della comodità del consenso.

Esistono oggi, all’interno del sistema scolastico stesso, numerose situazioni di reale abbandono educativo che spesso sfuggono all’attenzione degli enti preposti.
 Minori lasciati soli per ore davanti a schermi, esposti precocemente a contenuti inappropriati, immersi in ambienti privi di relazione e cura autentica. Allo stesso tempo, vi sono famiglie che vivono in condizioni di precarietà abitativa, senza dimora fissa o in continuo spostamento, i cui figli, pur risultando formalmente iscritti a scuola, di fatto non frequentano e non ricevono alcuna continuità formativa. In questi casi, il bisogno di intervento da parte dei servizi sociali è concreto e urgente. È fondamentale che le risorse e le energie delle istituzioni si concentrino sulle situazioni dove effettivamente sussistono rischi educativi e di tutela, distinguendo con chiarezza le scelte pedagogiche responsabili — anche quando non convenzionali — da contesti di vera trascuratezza o disagio.


È importante riflettere su una dinamica spesso sottovalutata: molte famiglie straniere — ma anche alcune italiane — che scelgono in Italia l’istruzione parentale, pur conoscendo perfettamente diritti e doveri, ignorano come funzioni il contesto culturale e istituzionale italiano. In altri Paesi, le procedure sono standardizzate e impersonali. In Italia, invece, molto dipende da come ci si presenta, da come si comunica, e da chi si ha di fronte. Conoscere la norma non rende immuni dalle pratiche: chi vive fuori dagli schemi deve agire con attenzione, misurare ogni passo, evitare esposizioni inutili. La trasparenza è valore, ma in certi contesti può trasformarsi in vulnerabilità. È un invito all’intelligenza situazionale: non basta avere ragione, serve saper operare nella realtà.


Dietro i titoli sensazionalistici c’è una questione più profonda: una società che fatica ad accettare la libertà come valore reale. Siamo abituati a delegare tutto — la salute, l’educazione, le scelte morali — e chi decidesse di assumersi la responsabilità diventa “pericoloso”. Eppure, sono proprio queste famiglie — spesso etichettate come “irresponsabili” — a incarnare la forma più alta di responsabilità: educano, nutrono, costruiscono, vivono con coscienza. Non chiedono privilegi; chiedono rispetto.


L’Italia non ha bisogno di più controllo. Ha bisogno di più fiducia, di più ascolto, di più alleanze tra istituzioni e famiglie. Le istituzioni devono imparare a collaborare con le famiglie, non a sospettare di loro. Le famiglie, a loro volta, devono conoscere i propri diritti e renderli visibili con rispetto e trasparenza. Libertà e sicurezza non sono antagoniste: sono due facce della stessa medaglia. La vera sfida è mantenerle in equilibrio. Alla fine, la questione non è dove vivano i bambini, ma chi ha il diritto di guidarli nella vita: i loro genitori o lo Stato?


Libertà, paura e il confine invisibile tra tutela e controllo

Autore: Erika Di Martino 2 novembre 2025
When the State Steps In: Understanding Educational Freedom and Responsibility in Italy
Autore: Matteo Curto 2 ottobre 2025
Quando le famiglie si incontrano, nasce una nuova educazione Dal 24 al 28 settembre 2025, la Fondazione Libera Schola ha partecipato a un incontro internazionale dedicato alle famiglie che praticano istruzione parentale. La cornice? La città di Brașov , in Romania, con le sue mura antiche, le montagne sullo sfondo e un’atmosfera che ha saputo accogliere con calore oltre cento famiglie da tutta Europa e Nord Africa. Abbiamo vissuto giornate intense di scambi, ispirazioni e pratiche concrete. Le mattine erano dedicate a tavoli di lavoro per genitori su temi chiave: organizzazione dell’apprendimento, burocrazia nei diversi paesi, lavoro da remoto, gestione familiare. I pomeriggi si aprivano alla scoperta del territorio, con visite culturali e attività genitori-figli. Le serate comunitarie si concludevano spesso attorno a un grande falò , tra racconti, canti tradizionali rumeni, danze collettive e piatti condivisi. Lì, nel cerchio del fuoco, ci siamo ricordati perché facciamo ciò che facciamo: per costruire legami che nutrono l’apprendimento e la crescita. La presenza di giovani adulti cresciuti fuori dal sistema scolastico tradizionale ha dato un segnale forte: sì, è possibile crescere liberi e competenti, quando si è accompagnati con fiducia. Le famiglie hanno condiviso strumenti, idee, ma anche dubbi e vulnerabilità. Questo rende questi incontri così preziosi: non si torna solo con appunti, ma con visioni. In un’Europa dove in alcuni paesi – come Germania e Svezia – l’homeschooling è ancora vietato, e in altri – come la Slovenia – è limitato da esami statali massivi, costruire alleanze internazionali è fondamentale. Anche il Regno Unito vive oggi pressioni politiche per restringere la libertà educativa. La comunità educante come risposta alla frammentazione Uno degli aspetti più toccanti dell’incontro a Brașov è stato vedere come famiglie che parlano lingue diverse, vivono in contesti molto differenti e seguono approcci pedagogici eterogenei, riescano comunque a costruire un linguaggio comune . Un linguaggio fatto di ascolto, curiosità, rispetto per i tempi dei bambini e desiderio autentico di crescita condivisa. In un mondo in cui l’educazione viene sempre più appiattita su standard, test e conformismo, riconoscersi come comunità educante transnazionale è un atto culturale e politico potente. Le famiglie presenti a Brașov non erano semplicemente “fuori dalla scuola”: erano dentro un progetto più ampio di rigenerazione sociale, che parte dalla relazione e dalla fiducia nelle potenzialità di ogni essere umano. La Fondazione Libera Schola si inserisce in questa visione come punto di riferimento per chi desidera costruire, non solo scegliere un’alternativa. La nostra presenza a Brașov ha permesso di intrecciare nuovi legami con realtà educative in Romania, Ungheria, Polonia e paesi anglofoni, con cui stiamo già avviando progetti congiunti di ricerca, mobilità e formazione . Perché educare fuori dalla scuola non significa “fare da soli”, ma costruire nuove strade, insieme . E in tempi di incertezza, essere parte di una rete viva, radicata e orientata al bene comune è ciò che rende possibile non solo resistere, ma fiorire . La Fondazione Libera Schola è nata anche per questo: non solo per sostenere le famiglie nel quotidiano, ma per presidiare con consapevolezza il diritto a una pedagogia viva, libera e autentica , contribuendo a costruire una rete europea che difenda l’infanzia, la famiglia e il futuro. Perché un’altra educazione non solo è possibile, esiste già e ogni incontro ci ricorda che non siamo soli. Homeschooling Europe è un’Associazione non profit con sede a Losanna, in Svizzera. Creata secondo le leggi del Canton Vaud, difende il diritto fondamentale dei genitori di scegliere l’educazione dei propri figli e promuove la libertà di homeschooling in tutta Europa. L’associazione rappresenta e sostiene le famiglie e le organizzazioni nazionali, fornisce informazioni e contatti utili, facilita la ricerca e l’accesso a risorse, organizza incontri e conferenze. Homeschooling Europe lavora affinché i genitori possano esercitare pienamente il loro diritto di scelta educativa, sempre nell’interesse dei bambini.