La scuola non indottrina, valorizza: perché queste parole aprono la strada all’homeschooling

Lo Stato non può e non deve sostituirsi alla famiglia.

In un recente articolo apparso su Il Giornale, il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha scritto parole che non possono passare inosservate. Parole che, per chi crede nella libertà educativa e ha scelto percorsi alternativi come l’istruzione parentale, suonano come una conferma autorevole di un principio fondamentale: lo Stato non può e non deve sostituirsi alla famiglia.


“In un regime democratico – scrive il Ministro – la scuola non ha lo scopo di indottrinare il cittadino, ma di valorizzare la sua persona, di metterlo nelle condizioni di crescere sviluppando i propri talenti, avendo gli strumenti per fare scelte consapevoli.”


Un’affermazione potente, che restituisce centralità al ruolo della famiglia nell’educazione e mette in discussione una scuola che, su temi sensibili e controversi, rischia di proporre una verità unica, anziché aprire al confronto e alla pluralità di idee.

Parole coraggiose… da un Ministro dell’Istruzione

Valditara, in quello che possiamo definire un passaggio storico, riconosce apertamente ciò che molti genitori affermano da anni: la famiglia non è un accessorio del sistema educativo, ma il suo fondamento.


L’educazione nasce in casa, la scuola dovrebbe accompagnare, non sostituire.

E se questa non rispetta il pluralismo o impone visioni unilaterali, non sta più assolvendo al suo compito democratico.

Per chi ha scelto l’istruzione parentale, queste parole rappresentano una legittimazione potente.

Rappresentano il riconoscimento istituzionale che l’educazione personalizzata, costruita attorno ai tempi e ai talenti di ogni bambino, non solo è possibile – è auspicabile.

📚 Il legame profondo con l’homeschooling

Non è un caso che sempre più famiglie scelgano l’istruzione parentale. Non si tratta solo di "uscire dal sistema", ma di rispondere a un bisogno autentico: educare nel rispetto dell’individualità, senza pressioni, senza imposizioni, senza ideologie.

L’homeschooling non è in contrapposizione alla scuola: è un modo diverso di interpretare il diritto all’istruzione, dove la famiglia si assume la piena responsabilità educativa, affiancandosi – quando lo ritiene utile – a strumenti, persone, percorsi esterni.


Oggi, dopo anni in cui questa scelta è stata vista con sospetto, le parole di un Ministro riportano equilibrio al dibattito.
Valditara non parla di scuola come dogma, ma come spazio di crescita e confronto, dove lo Stato accompagna, non dirige.
Dove la libertà educativa è tutelata e
la famiglia torna al centro.

💥 Un messaggio chiaro per tutti i genitori

Se persino il Ministro vi dice che la scuola non può sostituirvi… allora non ci sono più scuse.
Che siate genitori homeschooler o con figli nella scuola pubblica, la responsabilità educativa resta vostra.

Educare non significa delegare.
Educare è un atto di libertà, di presenza, di amore.


Riprendiamoci ciò che è nostro da sempre: il diritto e il dovere di educare i nostri figli secondo coscienza, conoscenza e rispetto dei loro ritmi e della loro unicità.


Perché la libertà non si chiede. Si esercita.

29 giugno 2025
Nel maggio 2025, il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha pubblicato un documento fondamentale che potrebbe (e dovrebbe) cambiare il modo in cui pensiamo all’istruzione: si tratta del rapporto A/HRC/59/41, redatto dalla Relatrice Speciale sul diritto all’istruzione, Farida Shaheed, intitolato "The Right to be Safe in Education" – Il diritto di essere al sicuro nell’istruzione. Questo rapporto non parla solo di scuole, ma di tutti i contesti educativi, inclusi quelli digitali, extrascolastici, informali e anche familiari. È un documento che, pur provenendo dall’ambito istituzionale dell’ONU, parla direttamente alle famiglie. Soprattutto, parla a quelle famiglie che hanno scelto o stanno considerando l’educazione parentale (homeschooling). Perché questo documento è cruciale Molti genitori italiani non seguono regolarmente le pubblicazioni delle Nazioni Unite. Tuttavia, queste dichiarazioni hanno un peso simbolico e politico enorme: influenzano il modo in cui gli Stati definiscono leggi e politiche educative. Comprendere il contenuto di questo rapporto significa conoscere i propri diritti e rafforzare la legittimità di chi sceglie un percorso educativo alternativo. Questo documento cambia il paradigma: non basta più garantire l'accesso all'istruzione; bisogna garantire la sicurezza integrale dell'esperienza educativa. E ciò implica un impegno concreto, sistemico e quotidiano da parte delle istituzioni.  Il significato del "diritto alla sicurezza nell'istruzione" La Relatrice Speciale propone questa definizione: " The right to be safe in education is the right of learners, educators and non-teaching staff to be protected from any violation of their physical, sexual or psycho-emotional integrity, as well as from practices harming or endangering healthy relationships within and outside the educational environment and the free expression of identities." "Il diritto di essere al sicuro nell’istruzione è il diritto degli studenti, degli insegnanti e del personale non docente a essere protetti da qualsiasi violazione della loro integrità fisica, sessuale o psico-emotiva, così come da pratiche che danneggiano o mettono in pericolo relazioni sane dentro e fuori dall’ambiente educativo e l’espressione libera della propria identità." Il messaggio è chiaro: non esiste diritto all’istruzione senza diritto alla sicurezza. Questo porta con sé una trasformazione importante: si passa da un'idea di scuola come luogo neutro o automaticamente valido a una concezione molto più esigente e umana. Il sistema educativo deve garantire non solo conoscenza, ma anche benessere e rispetto. Scuola, ma non solo Sebbene il rapporto sia spesso interpretato in chiave scolastica, è importante sottolineare che non si riferisce solo alla scuola tradizionale. Anzi, include esplicitamente ogni tipo di ambiente educativo, anche quello familiare: "This includes all educational spaces and processes, including digital ones." "Ciò include tutti gli spazi e i processi educativi, inclusi quelli digitali." Questo significa che anche l’educazione parentale (homeschooling) rientra pienamente nella riflessione sul diritto alla sicurezza. Ed è qui che il documento apre una breccia storica nella difesa del diritto all'educazione in forma non convenzionale. Un'accusa implicita ai sistemi scolastici? Il rapporto non accusa esplicitamente la scuola pubblica, ma evidenzia numerosi rischi associati ai contesti educativi tradizionali: violenze, abusi, bullismo, discriminazioni, violazioni dell'identità personale. In molte scuole italiane, gli studenti LGBTQ+, neurodivergenti, con background migratorio o semplicemente "diversi" sperimentano quotidianamente situazioni di disagio e insicurezza. Nel contesto italiano, questa è una verità spesso taciuta. Eppure, chi lavora nel mondo educativo lo sa: non tutti gli ambienti scolastici sono sicuri. Molti non lo sono mai stati. Alcuni bambini e ragazzi escono da scuola più feriti che formati. Dalla parte delle famiglie homeschooler Per molte famiglie che hanno scelto l’istruzione parentale, questo documento rappresenta un balsamo e una legittimazione. Dopo anni in cui si è dovuto giustificare una scelta spesso vista con sospetto, oggi una voce autorevole delle Nazioni Unite afferma che il diritto all'educazione si realizza solo dove vi è sicurezza. E se questa sicurezza non viene garantita nella scuola, è giusto e legittimo cercarla altrove. "Safety entails the ability of all persons to enjoy and exercise their human rights in all aspects of education, without discrimination, fear or reprisal." "La sicurezza implica la possibilità per ogni persona di godere ed esercitare i propri diritti umani in tutti gli aspetti dell'istruzione, senza discriminazione, paura o ritorsioni." Questo significa che anche l’homeschooling, se vissuto in un ambiente sereno, amorevole e stimolante, può garantire più sicurezza e dunque più diritto all’istruzione rispetto a certi ambienti scolastici istituzionali. La pluralità educativa come chiave della sicurezza Il rapporto insiste su un principio fondamentale: le politiche educative devono adottare un approccio onnicomprensivo, che includa le realtà diverse degli studenti. "An all-encompassing approach to safety in education must take into account the diverse realities of learners, including those learning in informal, non-formal and home-based settings." "Un approccio onnicomprensivo alla sicurezza nell'istruzione deve tener conto delle realtà diverse degli studenti, inclusi quelli che apprendono in contesti informali, non formali e domestici." In Italia, ciò implica anche un cambio di paradigma nelle istituzioni scolastiche, nei dirigenti, negli uffici scolastici regionali. Non è più possibile trattare le famiglie homeschooler come soggetti da controllare o sorvegliare: sono portatrici di un diritto riconosciuto a livello internazionale. Una sicurezza che è anche libertà Molti genitori homeschooler raccontano di bambini che, dopo essere stati ritirati da scuola, hanno ricominciato a dormire bene, a sorridere, a studiare con piacere. La sicurezza psicologica non è solo assenza di violenza: è possibilità di essere se stessi, di apprendere senza paura, di essere ascoltati e rispettati. Questo documento ONU rafforza l’idea che la vera sicurezza nasce dalla fiducia, dalla relazione educativa autentica, dall’autonomia e dalla personalizzazione dell’apprendimento. Un invito a informarsi e agire Questo non è un documento tecnico per addetti ai lavori. È una dichiarazione politica, culturale e civile. Le famiglie italiane hanno oggi uno strumento in più per difendere le proprie scelte educative e per chiedere che lo Stato non ostacoli, ma sostenga chi garantisce un ambiente sicuro ai propri figli. Se davvero vogliamo costruire un sistema educativo giusto, dobbiamo partire da qui: dal riconoscere che ogni bambino ha il diritto di sentirsi protetto, rispettato e ascoltato. E se questo accade a casa, con i genitori, in un contesto sereno e stimolante, allora è quello il luogo giusto per crescere. Vuoi leggere il rapporto originale? Puoi trovarlo (in inglese) sul sito dell’OHCHR: https://www.ohchr.org/en . L’educazione è un diritto. Ma la sicurezza è ciò che lo rende possibile. Libera Schola: al fianco delle famiglie per conoscere e difendere i propri diritti In un panorama educativo in continua trasformazione, EDUpar si impegna ogni giorno per informare, sostenere e dare voce alle famiglie italiane che scelgono percorsi educativi alternativi, come l’homeschooling. Siamo convinti che conoscere i propri diritti sia il primo passo per difenderli , soprattutto quando si tratta del benessere e della sicurezza dei propri figli. Per questo vi raccontiamo e traduciamo documenti fondamentali come questo rapporto delle Nazioni Unite, che spesso passano inosservati ma che possono cambiare radicalmente il modo in cui le famiglie vengono trattate dalle istituzioni . Attraverso articoli, incontri informativi, consulenze e una rete di supporto attiva in tutta Italia, EDUpar è con voi per ricordarvi che educare in libertà è un diritto riconosciuto , e che ogni famiglia ha il potere — e il dovere — di scegliere ciò che è meglio per i propri figli, anche controcorrente. Continuiamo insieme a costruire un futuro educativo più umano, più sicuro, più consapevole.
21 giugno 2025
Il recente rapporto delle Nazioni Unite , redatto dalla Relatrice Speciale sul diritto all’istruzione Farida Shaheed, rappresenta un documento fondamentale per chi si occupa di educazione nel XXI secolo. Pubblicato nel contesto della 59ª Sessione del Consiglio dei Diritti Umani (giugno–luglio 2025), questo testo è frutto di una visita sul campo negli Stati Uniti, ma le sue osservazioni risuonano ben oltre i confini americani. Il documento va letto con attenzione da chi, come noi, lavora ogni giorno per costruire una cultura dell’apprendimento centrata sulla persona, sulla relazione e sull’autonomia. Le analisi contenute nel rapporto non solo mettono in luce le fragilità dei sistemi educativi centralizzati, ma riaffermano un principio essenziale: l’educazione appartiene alla comunità, e in primo luogo alla famiglia. Il sistema scolastico statunitense: disuguaglianze strutturali e compressione dell’esperienza educativa La fotografia scattata dal rapporto è nitida e impietosa. Pur riconoscendo la diversità e flessibilità dell’offerta educativa americana, la Relatrice Speciale evidenzia che il sistema riflette profonde disuguaglianze . Non si tratta solo di differenze tra scuole ricche e scuole povere: il problema è sistemico. “L’istruzione negli Stati Uniti è caratterizzata da disuguaglianze radicate, in particolare per le comunità a basso reddito e marginalizzate.” (par. 7) Il finanziamento basato sulla tassazione immobiliare locale alimenta un divario crescente tra le scuole: dove le famiglie hanno più mezzi, la scuola è meglio finanziata, attrezzata, supportata; dove i redditi sono più bassi, la scuola diventa spesso uno spazio di contenimento più che di crescita. A ciò si aggiungono criticità gravi: standardizzazione soffocante dei percorsi, uso punitivo della disciplina che colpisce in modo sproporzionato le minoranze etniche, privatizzazione crescente che rischia di svuotare la funzione sociale dell’istruzione pubblica, assenza di una cultura della cura per il benessere psico-emotivo di studenti e insegnanti. Il risultato è un sistema che, più che “educare”, tende a classificare, isolare, addestrare. Una scuola che spesso perde la sua anima, ridotta a gestione di dati e contenimento comportamentale. Il ruolo dei genitori: non solo supporto, ma diritto originario Uno dei passaggi più rilevanti del documento si trova al paragrafo 74, dove viene ribadito che: “La Costituzione protegge il diritto fondamentale dei genitori di dirigere la cura, la crescita e l’educazione dei propri figli.” Non è un dettaglio. È un’affermazione giuridica e culturale di enorme portata. Fa eco alla celebre sentenza Pierce v. Society of Sisters del 1925, emblema della visione secondo cui il bambino non appartiene allo Stato, ma alla sua famiglia, alla sua comunità affettiva ed educativa. Questa posizione assume un significato ancora più forte nel contesto contemporaneo, segnato da: tentativi di centralizzare e uniformare i percorsi formativi, pressioni normative che scoraggiano ogni deviazione dagli standard imposti, narrazioni mediatiche che marginalizzano o ridicolizzano chi sceglie strade educative alternative. L’affermazione dell’ONU, invece, sancisce con chiarezza che il primato educativo appartiene ai genitori , e che questo diritto è parte integrante del diritto umano all’istruzione Homeschooling come possibilità riconosciuta e concreta In questo quadro, non stupisce trovare nel rapporto un chiaro riconoscimento dell’istruzione parentale: “In tutti i 50 Stati, i genitori possono legalmente istruire i propri figli a casa.” (par. 27) Non è un passaggio secondario. L’homeschooling, da tempo in crescita anche in Europa, viene qui legittimato all’interno di un documento internazionale sui diritti umani. Questo significa che l’educazione parentale non è una soluzione estrema, né un privilegio individuale , ma una delle tante modalità possibili per garantire l’adempimento del diritto all’istruzione in forme pluralistiche. Per Fondazione Libera Schola, questa visione è coerente con la nostra esperienza concreta: progetti come Libere Ludere, i Learning Pods, i percorsi di apprendimento familiare o i viaggi educativi internazionali, nascono proprio da questa comprensione dell’educazione come fenomeno diffuso, incarnato e plurale . Sicurezza scolastica: un’emergenza educativa e relazionale Un altro tema centrale emerso dal rapporto riguarda la sicurezza nelle scuole. Non si tratta solo di sicurezza fisica — sebbene negli Stati Uniti siano documentati episodi gravi legati alla violenza armata — ma anche di sicurezza emotiva, psicologica, sociale. “Molti studenti si sono detti insicuri, discriminati, non supportati nel loro ambiente scolastico.” (par. 61)  “I timori principali riguardano sparatorie, bullismo, isolamento, mancanza di supporto alla salute mentale.” (par. 62–65) Questo solleva una questione cruciale: la scuola può davvero definirsi inclusiva, se non garantisce benessere relazionale? Il diritto all’istruzione non è il diritto a stare in aula, ma a stare bene mentre si cresce, si apprende, si costruisce il proprio futuro. In Italia, le condizioni sono diverse, ma non mancano segnali d’allarme: burnout studenteschi, crisi di ansia a scuola, diffusione precoce di dispositivi digitali e isolamento sociale. Serve una riflessione profonda su cosa significhi realmente “educare alla vita”. Verso una pedagogia della fiducia: l’educazione come diritto e responsabilità condivisa Nelle conclusioni del documento, l’ONU propone una definizione di educazione che ci è molto vicina: “Proteggere il diritto all’istruzione significa più che assicurare accesso alle aule. Significa creare ambienti sicuri, inclusivi, solidali dove ogni bambino possa fiorire.” (par. 93) Fiorire: è questo il verbo centrale. Un bambino non si istruisce, si coltiva. Non si prepara al futuro con competenze astratte, ma si accompagna nel presente con presenza, ascolto e significato. L’educazione è — e deve tornare ad essere — relazione, esplorazione, possibilità . Il compito di Libera Schola: custodire e moltiplicare le forme della libertà educativa Questo rapporto delle Nazioni Unite rafforza la nostra missione. Non siamo soli in questo lavoro: la libertà educativa ha fondamenta giuridiche, culturali e sociali profonde. La nostra responsabilità è quella di renderle visibili e praticabili: creare spazi, tessere reti, costruire alleanze tra famiglie, educatori, professionisti e territori. Libera Schola continua a sostenere una visione dell’educazione come patrimonio vivo delle comunità umane . Il bambino, ci ricorda il rapporto, non è una creatura dello Stato. Ma è, e deve restare, un soggetto libero, guidato da adulti che hanno il diritto e il dovere di accompagnarlo con amore, visione e fiducia.